Perché Elon Musk vuole Twitter? L'analisi di Thomas Candolo, Ufficio Studi di Copernico SIM.
L’eclettico multimiliardario Elon Musk, CEO di Tesla e SpaceX, con un patrimonio stimato intorno ai 280 miliardi di dollari, è riuscito ad accaparrarsi Twitter, il social media più influente sui dibattiti economici, finanziari e politici al mondo, con un’operazione da 44 miliardi di dollari finanziata per 25,5 mld da Morgan Stanley e la restante parte in contanti derivante dalla vendita delle proprie azioni Tesla. È l’acquisizione più costosa di sempre del settore social network: gli illustri precedenti sono stati rispettivamente l’acquisto di LinkedIn da parte di Microsoft (2016, 26,2 miliardi) e di WhatsApp (2014) e Instagram (2012) da parte di Facebook – attuale Meta, per un totale di 20 mld.
Nel comunicato in cui ha annunciato l’esito positivo della sua proposta di acquisto Musk ha dichiarato di voler difendere il libero pensiero – il fondamento della democrazia – e di voler rendere Twitter migliore rispetto al passato, attraverso una riduzione dello spam e un’accorta politica di verifica dell’identità degli utenti. Free speech sì, account anonimi no. La trasparenza sarà una delle priorità, ma non è ancora chiaro su quali aree abbia intenzione di concentrarsi e quale sarà la sua posizione su questioni come le richieste governative di accesso ai dati degli utenti.
Ma davvero Twitter vale tutti questi soldi?
Forse sì, in quanto l’Azienda ha piani ambiziosi. Commentando i risultati del 2021, positivi anche se inferiori alle attese degli analisti, il consiglio di amministrazione ha annunciato un piano di crescita importante, nelle intenzioni capace di toccare i 315 milioni di utenti attivi sulla piattaforma (oggi sono 217 milioni) e 7,5 miliardi di dollari di ricavi entro la fine del 2023 (dai 5,08 dell’ultimo anno solare). Molti hanno interpretato tali dichiarazioni come un vero e proprio piano di rilancio dopo anni difficili, con conti spesso in rosso e un modello di business che faticava ancora a trovare la propria strada verso la redditività.
Se Google nel 2021 ha registrato ricavi per 257 miliardi e Meta per 117, Twitter ha chiuso l’anno con 5 miliardi ma secondo Musk vi è ancora molto potenziale inespresso: nell’idea di Musk ci sono anche le criptovalute, business nel quale crede molto. L’obiettivo dell’acquisizione, a suo dire, non è quello di far soldi, ma di affinare e migliorare una piattaforma che oltre a permettere di comunicare con i mercati e le istituzioni semplicemente con un paio di caratteri, potrebbe implementare servizi evoluti appartenenti al mondo fintech.
Affinché i nuovi progetti possano essere implementati nel social sarà necessario delistarlo dalla borsa. La privatizzazione fa venir meno sia la pressione da parte degli azionisti, che tendono a chiedere risultati di breve termine, sia l’obbligo di promulgazione dei dati trimestrali al mercato. La mancanza di questi obblighi consente alla proprietà di poter guardare a un’evoluzione della piattaforma a medio termine, senza preoccuparsi troppo di fatturato, utili e crescita degli utenti.
L’anticonformista imprenditore sud-africano utilizza quotidianamente il social media, e nelle maniere più disparate: propone sondaggi, informa i suoi followers (circa 83 milioni) sulle missioni spaziali o semplicemente “twitta” pensieri, ma non solo. Per esempio, con un tweet “soddisfatto” Elon Musk ha riportato i numeri sorprendenti di Tesla del 2021: utili a 5,5 miliardi (contro i 721 milioni del 2020) e vendite per 53,8 miliardi dai 31,5 miliardi dell’anno precedente. Oltre agli ottimi risultati di Tesla l’imprenditore sudafricano narra le imprese di SpaceX (altro gioiello della holding Tesla) e di Neuralink e tutto questo senza spendere un centesimo; la sua pubblicità viene fatta con un massimo di 280 caratteri. Elon predilige investire in ricerca e sviluppo piuttosto che investire ingenti somme di denaro in pubblicità e ci sta riuscendo in quanto i numeri sono dalla sua parte.
Secondo il nostro pensiero Elon Musk ha voluto, con questa operazione, sfidare Jeff Bezos che nel 2013 ha acquistato uno dei più celebrati e influenti quotidiani al mondo, il Washington Post. Tra i due multimilionari, che occupano rispettivamente il primo e secondo posto degli uomini più ricchi al mondo, c’è da sempre una forte rivalità sia nel campo automobilistico (Musk possiede Tesla mentre Bezos è il primo azionista di Rivian) sia nel campo spaziale (Elon Musk è proprietario di SpaceX mentre Besoz di Blue Origin). Ora questa rivalità sopra le righe si sta espandendo su un altro segmento di business: quello della comunicazione e dell’editoria.