Un'analisi a cura del Dott. Thomas Candolo, Ufficio Studi di Copernico SIM, sui numeri e le strategie dei mercati emergenti asiatici per il 2021.
I numeri parlano chiaro, la Cina è stato l’unico Paese che nel 2020 ha registrato nell’ultimo trimestre una crescita poderosa + 15 % (valore annualizzato) facendola ritornare a valori pre-pandemici; è stata inoltre una delle poche Nazioni del G20 a chiudere il 2020 in territorio positivo (PIL al + 2,3 %). Il Fondo monetario internazionale nell’ultimo outlook 2021 prevede l’economia del dragone in forte espansione (8,1%), contro un’Eurozona al 4,2%. Inoltre, gli interventi monetari e fiscali pianificati dalle autorità di Pechino sono stati decisamente inferiori rispetto a quelli utilizzati dalla BCE e dalla FED rispettivamente in Europa e in Usa. Questo consente a Pechino di poter in futuro, qualora ci fosse la necessità, di attingere a risorse in gran parte ancora inutilizzate.
La corsa della Cina sembra inarrestabile, dopo un lungo periodo di crescita economica orientata principalmente all’export, Pechino ora punta sul consumo domestico (il peso dei consumi interni valgono solo il 40% del PIL con una media mondiale del 58% con picchi del 68% negli USA). Il nuovo modello di crescita presentato da Xi Jinping, denominato Dual circulation strategy, farà affidamento principalmente sulla circolazione interna; da intendere come ciclo locale di produzione e consumo senza dipendere troppo dalle economie estere. Affinchè ciò avvenga, è però necessario che Pechino attui delle politiche fiscali che incentivino l’aumento dei redditi e che disincentivino i risparmi.
La nuova strategia cinese non vuole certamente raggiungere l’autarchia o chiudersi all’export, ma creare le condizioni per un ribilanciamento della propria economia, che punti molto su una classe media in forte ascesa, che vuole soddisfare al meglio i propri bisogni (non più solo bisogni primari). Si stima che nel 2030 il 72% della popolazione cinese apparterrà alla middle class (fonte JPM Asset Management).
Nel modello di sviluppo quinquennale presentato dal Presidente Xi, sono previsti investimenti ingenti nei settori della ricerca e dello sviluppo (le cifre attuali stimate sono intorno al 2,5% del PIL) e in tutte quelle aree definite strategiche per lo sviluppo futuro del Paese ovvero intelligenza artificiale, calcolo quantistico, semiconduttori, spazio, energie rinnovabili e mobilità sostenibile.
A conferma di ciò, la Cina diventerà il primo mercato mondiale delle auto elettriche con una stima di vendita nel 2030 di 25 milioni di veicoli annui. La società di advisoring e consulting Deloitte specifica che un’auto su tre entro il 2030 sarà elettrica e che quasi 4 cittadini su 10 opteranno in futuro per un mezzo a bassissimo impatto ambientale.
Inoltre la Cina, avendo posto nero su bianco l’obiettivo della neutralità carbonica entro il 2060, se vorrà raggiungerlo non potrà non considerare il settore della mobilità; settore che incide negativamente per il 14 % sul totale delle emissioni di gas serra.
Sempre in Asia anche la quarta potenza asiatica, ovvero la Corea del Sud, nell’anno della grande crisi ha registrato una forte crescita; l’indice Kospi di Seul registra un + 23,4 %, uno dei migliori dati al mondo. Un’economia quella coreana basata molto sull’export e sulla tecnologia; è una nazione che investe molto nell’istruzione, basti pensare che si classifica costantemente ai primi posti per intensità di ricerca e sviluppo e attività brevettuale (fonte Bloomberg). Ha saputo gestire magistralmente la pandemia mediante un imponente sistema di tracciamento, a prova di ciò ha il livello di mortalità e di contagi tra i più bassi al mondo. Il governo coreano al fine di promuovere la digitalizzazione, la green economy, la sostenibilità e lo smart healthcare ha dato origine al “Korean new deal”; si tratta di un piano da 144 miliardi di dollari che creerà 2 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2025.