L’automobile, un tempo simbolo di progresso e prosperità, il cui indotto rappresenta il 7% del PIL dell’UE oggi si trova in una fase critica. La transizione verso la mobilità elettrica, l’agguerrita concorrenza cinese e le sfide delle normative ambientali mettono sotto pressione l’industria automobilistica europea, un pilastro dell’economia continentale. I dati di ACEA (Associazione dei costruttori europei) lo confermano: ad agosto, le vendite di auto nuove sono calate del 18,3% rispetto allo stesso mese del 2023, con 643.637 unità vendute rispetto alle 787.812 di agosto scorso. I peggiori risultati sono stati registrati in Germania (-27,8%), Francia (-24,3%) e Italia (-13,4%), mentre in Spagna il calo è stato più contenuto (-6,5%). I consumatori, frenati dall’aumento dei prezzi dovuto all’inflazione e dall’incertezza sul futuro della mobilità elettrica, trovano difficoltà a orientare i loro acquisti, bloccando ulteriormente il settore.

Inoltre, il settore dell’automotive elettrico è poco apprezzato dalla clientela europea a causa della limitata autonomia dei veicoli, dalla carenza di colonnine di ricarica e dei costi di acquisto più elevati rispetto ai motori endotermici. Anche i consumatori più attenti all’impatto ambientale riflettono su questo tema: sebbene l’auto endotermica superi nettamente l’auto elettrica in termini di emissioni di CO2 durante l’uso, se consideriamo l’intera filiera di produzione – compresi l’estrazione dei materiali, la costruzione e lo smaltimento – il vantaggio non è scontato.

Sebbene l’Europa sembri ancora faticare a lasciarsi alle spalle il motore a combustione, rimanendo legata al proprio passato e ai successi ottenuti, un nuovo protagonista globale sta rapidamente conquistando quote di mercato in un settore ormai orientato verso l’elettrico: la Cina.

Produttori cinesi come Nio e BYD grazie a una combinazione di prezzi competitivi, tecnologie avanzate e design accattivanti stanno conquistando fette importanti di mercato. Diversamente dall’Europa, la Cina ha creduto molto nell’elettrico e grazie agli ingenti investimenti governativi, che hanno permesso una rapida espansione della capacità produttiva di batterie e veicoli elettrici, il Paese ha un netto vantaggio nella corsa verso l’elettrificazione. A tal proposito la – China Passenger Car Association – ha annunciato che il numero di auto elettriche vendute in Cina nel 2024 ha superato quello delle auto convenzionali, arrivando al 54%, dato sufficiente per capire la direzione in cui il mercato cinese sta andando.

Nel 2020 il governo di Xi Jinping aveva posto il 2025 come la data entro cui le vendite di auto elettriche avrebbero dovuto superare il 20% delle vendite totali di auto nel Paese, ma quella soglia è stata raggiunta già l’anno scorso con due anni di anticipo rispetto a quanto preventivato. Il primo Brand di veicoli elettrici è BYD che ha venduto oltre 1,3 milioni di unità elettriche nel 2023 (fonte CarNewschina.com) seguito dalla statunitense Tesla, e dalle cinesi Aion, Wuling e Nio.

Mentre il Paese del dragone agisce l’Europa tergiversa e introduce dazi per arginare un’invasione di mezzi elettrici cinesi; tariffe doganali comprese tra il 17,4% e il 38,1%, oltre al 10% standard per l’importazione di auto.

Anche gli Stati Uniti hanno preso sul serio la sfida del dominio cinese nella filiera delle auto elettriche, considerandola una minaccia alla leadership tecnologica e industriale dell’Occidente. L’amministrazione Biden ha adottato un approccio molto radicale rispetto a quello europeo. La strategia americana non mira solo a frenare la concorrenza cinese, spesso tecnologicamente più avanzata rispetto a molte case automobilistiche occidentali, ma ha un obiettivo preciso: la reindustrializzazione del Paese. Attraverso una serie di incentivi, Biden punta a spingere le aziende del settore a investire nella produzione interna, lanciando così una sfida diretta alla Cina.

La politica dell’Inflation Reduction Act (IRA) ha introdotto un credito d’imposta di circa 7.500 dollari per ogni auto elettrica acquistata ma per essere idoneo a questo sussidio, un veicolo elettrico deve soddisfare due criteri chiave: il primo richiede che i materiali utilizzati nella batteria siano estratti o lavorati in un Paese con cui gli Stati Uniti hanno un trattato di libero scambio, escludendo quindi la Cina, o che siano riciclati in Nord America. Il secondo criterio stabilisce che le componenti della batteria debbano essere prodotte o assemblate in Nord America.

In sintesi, il confronto tra l’Occidente e la Cina nel settore automobilistico non è solo una battaglia economica, ma una competizione per la supremazia tecnologica e l’autonomia strategica. Chi controllerà le catene di approvvigionamento delle auto elettriche e delle tecnologie associate avrà un’influenza decisiva sul futuro dell’economia globale, sulla sostenibilità ambientale e sul potere geopolitico. Le misure adottate da Europa e Stati Uniti rientrano in una strategia di breve periodo volta a preservare la loro rilevanza industriale e mantenere il ruolo di leader in un mondo multipolare. Ma dovranno osare molto più per difendere la supremazia: puntare su nuovi materiali di stoccaggio, meno dipendenti dal litio cinese, più puliti e sicuri, come il sodio o il manganese, o su tecnologie completamente disruptive come le batterie allo stato solido, le batterie a flusso o l’idrogeno.