Le energie del futuro non troppo remote. L'analisi di Thomas Candolo, Ufficio Studi di Copernico SIM.
È accaduto il peggio sul fronte ucraino e i costi di questo tragico evento hanno colpito e colpiranno tutti ma l’Italia e la Germania saranno quelle che percepiranno il conto più salato perché dipendono dal gas Russo (in Italia arriva a sfiorare il 40%). Purtroppo, in contesti così complicati, i problemi del passato ritornano ad essere protagonisti: una mancata pianificazione energetica nazionale ne è l’esempio. Secondo il nostro pensiero, una politica economica lungimirante difficilmente farebbe dipendere una risorsa vitale come il gas da una sola Nazione, soprattutto se quella Nazione risulta inaffidabile.
Naturalmente non è possibile cambiare il passato ma il futuro fortunatamente sì. Pertanto, anche a fronte del raggiungimento dell’ambito traguardo del net zero carbon europeo entro il 2050 sarà necessario intensificare l’utilizzo di energie rinnovabili, nonché investire nella ricerca per lo sviluppo di nuove fonti di energia alternative, come ad esempio il nucleare ma non nell’accezione fino ad ora considerata.
L’energia nucleare nasce ufficialmente nel 1934 quando un pool di giovanissimi fisici italiani, “I ragazzi di via Panisperna”, sotto la guida del fisico Enrico Fermi, scoprirono la proprietà dei neutroni lenti, dando inizio alla realizzazione del primo reattore nucleare. Gli studi, in seguito, furono condotti dal chimico tedesco Otto Hahn. Nel corso della Seconda guerra mondiale la ricerca sul nucleare ottenne ampi investimenti che purtroppo portarono a finanziare anche il Progetto Manhattan, che riuscì a conquistare la prima applicazione nucleare in campo bellico. Il 6 agosto 1945 la prima bomba atomica fu lanciata sulla città giapponese di Hiroshima causando la morte di migliaia di civili. Negli anni ’50 gli studi militari sull’energia nucleare furono fortunatamente portati avanti anche sul piano civile, per la realizzazione dei ben più utili reattori nucleari e delle prime centrali atomiche (o centrali elettro-nucleari o a fissione nucleare). Nel 1954 il presidente degli Stati Uniti Eisenhower, approvò ufficialmente il progetto “Atom for Peace”, al fine di agevolare l’introduzione dell’energia nucleare in applicazioni civili e per la produzione di energia elettrica mediante fissione nucleare. La prima centrale elettrica con reattore nucleare fu realizzata nel 1955 nello Stato dell’Idaho (U.S.A.). Il reattore civile si chiamava Borax III.
La ricerca nel campo della fisica nucleare dagli anni ’50 si è evoluta ed ha portato a nuove scoperte come la fusione nucleare. La fusione è la reazione nucleare che avviene nel sole e nelle altre stelle, con produzione di una enorme quantità di energia: due nuclei di elementi leggeri, quali deuterio e trizio, a temperature e pressioni elevatissime (100 milioni di gradi), fondono formando nuclei di elementi più pesanti come l’elio con emissione di grandi quantità di energia. Per ottenere la reazione di fusione, il plasma di idrogeno deve esser confinato in uno spazio limitato: nel sole questo si verifica ad opera delle enormi forze gravitazionali in gioco; ma sulla terra come sarebbe possibile riprodurre una simile situazione?
“Per ottenere la fusione controllata in laboratorio, è necessario riscaldare un plasma di deuterio-trizio (gas ionizzato ad altissima temperatura) a temperature molto alte mantenendolo confinato in uno spazio limitato definito “tokamak”, questo è possibile mediante la creazione di un campo magnetico per un tempo sufficiente utile a far sì che l’energia liberata dalle reazioni di fusione possa compensare sia le perdite, sia l’energia usata per produrlo” (fonte https://www.mite.gov.it/pagina/fissione-e-fusione-nucleare). Giunti a questo punto ci si pone un quesito: quando potrà questa nuova tecnologia divenire economicamente sostenibile e in grado di produrre energia green da immettere in rete? La risposta purtroppo non è così scontata.
Nel 2025 a Cadarache in Francia sarà terminata la costruzione di una centrale (Iter), dove al suo interno sarà collocato un reattore in grado di generare 400 /500 Mw di potenza per un tempo continuativo di 400-600 secondi. Vi chiederete perché non per periodi più lunghi? Perché tempi più lunghi di utilizzo potrebbero mettere in seria difficoltà l’intero sistema, dato che c’è la necessità di mantenere i superconduttori, che generano il campo magnetico, a una temperatura prossima allo zero assoluto: 5 gradi Kelvin, -268° centigradi. Tutto ciò deve avvenire a pochi metri dal plasma a oltre cento milioni di gradi; pertanto, le variabili sono molte e tutte devono funzionare alla perfezione. Nella corsa all’energia da fusione, diversi sono i players che investono nel business. Eni, ad esempio, è coinvolta nei principali progetti di ricerca a livello internazionale, come il Commonwealth Fusion Systems (Cfs) e il Mit di Boston. Per contenere i costi, il “cane a sei zampe” punta su strutture più piccole rispetto alle dimensioni notevoli del reattore francese Iter, con l’obiettivo di arrivare a reattori commerciali entro il 2050.
Un altro progetto interessante viene portato avanti in California al National Ignition Facility del Lawrence Livermore National Laboratory che utilizza un sistema di 192 laser per il confinamento inerziale del plasma. Sono tutti progetti in fase avanzata che mirano a trasformare la ricerca sulla fusione in un processo industriale volto a produrre energia pulita a bassissimo impatto ambientale, dato che produce un limitato numero di scorie a radioattività molto bassa.
La ricerca non smette mai di avanzare, fino a raggiungere possibilità quasi fantascientifiche, come la proposta di un gruppo di ricercatori italiani e cinesi che stanno brevettando una fusione nucleare senza produzione di radioattività grazie all’utilizzo di elio 3: elemento purtroppo molto raro da reperire sulla terra ma molto abbondante sulla luna. Proprio per questo motivo la Luna potrebbe diventare un luogo ideale per estrarre elio-3 e per sviluppare nuove tecnologie o produrre in loco energia da inviare alla Terra tramite l’utilizzo di microonde. Per attuare questi progetti, però, è necessario superare enormi problemi tecnologici e ostacoli come i trattati internazionali che pongono restrizioni sullo sfruttamento economico della Luna giudicata come “bene comune”. Nel 1967 fu stabilito all’interno dell’Outer Space Treaty che sulla Luna nessun soggetto nazionale può rivendicare la sovranità e pertanto sfruttarla economicamente.
Nel mondo i numeri del settore “energie alternative e rinnovabili” sono in continuo aumento, in Italia coprono il 18 % dell’intero fabbisogno nazionale (fonte ISPI su dati Eurostat) ma se desideriamo incrementare l’autonomia energetica del Paese dobbiamo investire nella ricerca. Solo con la sperimentazione e gli studi potremo trovare energie a bassissimo impatto ambientale, economicamente sostenibili e democraticamente diffuse.