L’acronimo Bric è un termine coniato nel 2001 da un banchiere di Goldman Sachs, Jim O’Neill, per indicare quattro economie emergenti (Brasile, Russia, India e Cina) in forte crescita, che secondo le stime avrebbero coperto un ruolo sempre più importante nell’economia mondiale negli anni a venire. L’acronimo poi si modificò nel 2010 in Brics quando fu incluso nel gruppo anche il Sudafrica, economia significativamente più piccola rispetto a quella degli altri quattro Paesi, ma con un ruolo geopolitico molto importante.
La stima del banchiere risultò corretta. Negli ultimi quindici anni il gruppo dei Brics ha aumentato significativamente la propria quota di prodotto interno lordo mondiale, passando dal 11% dei primi anni ‘80 agli attuali 26%. I fattori determinanti di questa crescita sono stati principalmente il basso costo del lavoro, una demografia favorevole e abbondanza di risorse naturali.
Attratti da questo gruppo di economie emergenti, molti Paesi in via di sviluppo hanno manifestato l’interesse di prendere parte ai Brics, anche per dirimersi dal dominio occidentale negli affari globali. Gli Stati fondatori, anch’essi desiderosi di diminuire l’influenza occidentale sull’economia emergente, hanno recentemente deciso all’unanimità l’allargamento del club anche ad Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti a partire da gennaio 2024. Con l’inclusione di questi nuovi Paesi il gruppo allargato rappresenterà il 46,5% della popolazione mondiale, il 36% del Pil mondiale e il 45% della produzione globale di petrolio. Ma la coalizione in futuro potrebbe subire ulteriori allargamenti e includere altre Nazioni desiderose di sfidare il dominio occidentale negli affari globali e di “de-dollarizzare” le loro economie – considerando che le riserve mondiali in dollari costituiscono il 58,8% del totale contro il mero 2,8% del renminbi cinese.
Per contrastare la moneta statunitense, il gruppo cercherà di incrementare la raccolta di fondi e prestiti in valuta locale all’interno della New Development Bank, la banca dei Brics. La nuova organizzazione economica, definita anche come braccio operativo dei Brics, è nata in seguito alla mancata riforma del Fondo Monetario Internazionale, chiesta dai Paesi emergenti, nella quale veniva proposta una distribuzione più equa delle quote di voto di Usa e Ue a favore dei paesi in via di sviluppo. Deluse le aspettative per un ribilanciamento degli equilibri, i Brics (e in primis la Cina) hanno proceduto a costituire un’istituzione alternativa a quelle nate dagli accordi di Bretton Woods del 1944 – tra cui FMI e Banca Mondiale – per supportare i loro piani di sviluppo infrastrutturale.
Questa nuova entità finanziaria, diversamente dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale che pongono dei vincoli di condizionalità agli Stati per l’erogazione dei prestiti (ovvero delle misure di aggiustamento economico), non chiederà alcun intervento politico-economico per fruire dei prestiti.
“La Nuova Banca di Sviluppo, che sta vivendo la sua giovinezza, si impegna a fornire finanziamenti ai paesi in via di sviluppo e rappresenta una grande riforma innovativa per la promozione del processo di multilateralismo globale” ha dichiarato Dilma Rousseff, ex leader del Brasile ora Presidente della Nuova Banca di sviluppo.
Tuttavia, se da un lato vediamo Paesi emergenti come Cina e Russia desiderosi di trasformare il blocco in un rivale del G7 a tutti gli effetti, l’India di Narendra Modi è alla ricerca di uno sviluppo collaborativo con Stati Uniti, Unione Europea, Giappone, Corea del Sud e Taiwan, non di una contrapposizione al blocco occidentale. Il presidente del ridenominato Bharat punta a creare un asse Indo-Medio Orientale, capace di combinare il potenziale dei capitali arabi, alla ricerca di impiego in tutti i campi, con quello della demografia indiana, per poter dar vita a un nuovo motore di crescita globale. Sulla stessa linea di pensiero troviamo anche Naledi Pandor, ministro degli Esteri del Sudafrica, che ha dichiarato: “è estremamente sbagliato vedere una potenziale espansione dei Brics come una mossa antioccidentale”.
La volontà di creare un blocco economico unito per le economie emergenti si scontra tuttavia con una realtà complessa. Sotto il profilo economico i cinque paesi, sebbene accomunati dall’essere economie emergenti con un ruolo importante nella rispettiva regione di appartenenza, sono ben lontani dall’essere un gruppo omogeneo. Cina e India sono paesi manifatturieri e grandi importatori di risorse naturali, mentre Brasile e Russia sono grandi esportatori di risorse. In termini politici inoltre Brasile, Sudafrica e India sono democrazie mentre la Cina è un paese autoritario, malgrado i suoi leader siano scelti attraverso processi elettorali, e la Russia non sembra aver ancora completato il processo di transizione democratica. Le differenze strutturali e gli eterogenei obiettivi politici rendono i Brics un gruppo fortemente disomogeneo al suo interno.
Immense sono le sfide che dovranno affrontare i Brics in futuro, ma trascurare la loro influenza nelle previsioni sulla crescita globale sarebbe un grossolano errore. Vi è una consapevolezza diffusa tra le Nazioni sviluppate che si stia configurando un nuovo ordine mondiale, non più bipolare ma multipolare. Il Sud globale chiederà, e probabilmente otterrà, una maggiore partecipazione alle decisioni strategiche, e al contempo limiterà sempre più lo sfruttamento delle sue risorse. In questa realtà multipolare gli attori dovranno evitare di prevaricare gli uni sugli altri in quanto una sana competizione ha portato in passato ottimi risultati sia in termini di efficienza che di crescita economica.