(Articolo pubblicato originariamente su Fondi&Sicav)
Intervista di Fondi&Sicav al Prof. Emanuele Maria Carluccio, Presidente del Comitato investimenti di Copernico Sim, sulla consulenza evoluta e sull'importante ruolo del comitato investimenti
Che cosa fa il comitato investimenti? Qual è il suo ruolo all’interno di Copernico?
«Il Comitato investimenti è stato costituito un anno e mezzo fa, quando si è deciso di affiancare all’attività tradizionale di consulenza con collocamento remunerata tramite rebates il servizio di consulenza a parcella, cavalcando la novità della Mifid 2, che consentiva non solo ai Cfa e alle Scf, ma anche agli intermediari finanziari, di offrire un servizio di consulenza indipendente a parcella a condizione di rispettare alcune regole: avere un catalogo di prodotti sufficientemente ampio e diversificato e consentire ai banker di svolgere esclusivamente l’attività di consulenza a parcella. Quindi si è deciso di costituire un Comitato investimenti che fosse a supporto di questa nuova progettualità. In prima battuta abbiamo disegnato il servizio di consulenza evoluta di portafoglio a parcella, il che ha comportato di doverci dotare di portafogli modello strategici. Successivamente, andavano stabilite le regole di manutenzione tattica di questi portafogli, cioè gestirli periodicamente modificandone la composizione in funzione dell’andamento di breve termine dei mercati. Infine, occorreva stabilire le regole che permettessero di individuare gli strumenti migliori per tradurre questi portafogli in asset class in un mix di strumenti/prodotti da consigliare al cliente. Avendo deciso di pagare questo servizio con una parcella, bisognava fare in modo che i prodotti sottostanti non avessero costi di distribuzione finalizzati a remunerare l’attività dei consulenti, dal momento che i consulenti sarebbero stati ricompensati mediante una parcella esplicita pagata dal cliente».
Come avete risolto il problema?
«Questa situazione ci ha spinti a utilizzare come sottostanti esclusivamente, o almeno prevalentemente, strumenti di mercato amministrato ed Etf, quindi obbligazioni governative e corporate ed Etf obbligazionari e azionari. Siamo anche alla ricerca di eventuali piattaforme di execution che ci mettano a disposizione fondi di classe istituzionale, cioè senza le commissioni per remunerare, mediante rebates, l’attività di consulenza alla clientela. Però il mercato dei fondi istituzionali (classe clean) per la sottoscrizione diretta da parte dei clienti è ancora tutto da sviluppare, per cui non è semplice trovare piattaforme che ci mettano a disposizione questa soluzione. Il processo di costruzione dei portafogli strategici è stato abbastanza articolato, perché abbiamo voluto coinvolgere la rete attuale dei consulenti di Copernico Sim (poco più di 80 consulenti), per portarli subito a bordo di questo progetto che non risultasse ai loro occhi qualcosa di calato dall’alto con una soluzione preconfezionata e non condivisa con loro. Abbiamo perciò ritenuto opportuno preparare un questionario iniziale. È stato chiesto, innanzitutto, quante famiglie di portafogli modello costruire in funzione del target di clientela da servire. Poi, una volta decisi i target di clientela, con quante e quali asset class andare a costruire i relativi portafogli modello. Dal confronto è emerso che era opportuno predisporre portafogli modello completamente diversi a seconda che si servisse la clientela private (dal mezzo milione in su), rispetto a quella affluent (con disponibilità comprese tra 100 e 500 mila euro) e la clientela retail (da 0 a 100 mila). Una volta stabiliti questi tre segmenti, si è deciso di differenziare nettamente il tipo e il numero di asset class da utilizzare nei rispettivi portafogli modello, dal momento che per la clientela retail è risultato preferibile, viste le ridotte dimensioni del portafoglio, avere poche asset class di tipo generalistico (ivi compresi i fondi flessibili e quelli bilanciati); man mano che si sale di dimensioni, si può utilizzare non solo un numero maggiore di asset class, ma anche tutte quelle direzionali e specialistiche, abbandonando il mondo dei bilanciati e dei flessibili: i cinque-sei mercati azionari principali, i cinque-sei obbligazionari più importanti, le commodity e i settoriali-tematici».
Quanti clienti hanno aderito alla consulenza evoluta?
«Una volta finito tutto questo lavoro, risultava necessario disporre di una piattaforma che affiancasse e supportasse i banker nell’erogazione di questo servizio; dal momento che la progettualità è terminata tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021 (nel frattempo è stato scelto l’outsourcer, Fida, per la realizzazione della piattaforma), siamo in fase di rilascio della piattaforma. Fino a oggi abbiamo potuto assistere alcuni clienti, di dimensione elevata con un’attività manuale, che però non è quella che ha senso proporre ai nostri banker. Per definizione bisogna avere una piattaforma che consenta al consulente la gestione diretta del cliente. La risposta quindi alla domanda iniziale è che le masse sono assolutamente esigue, ma non per una mancata risposta da parte del mercato, ma semplicemente perché non siamo ancora pronti per la messa a terra del servizio. Aggiungo poi un’ulteriore considerazione: abbiamo creato questa nuova modalità di consulenza non solo per offrire un’arma in più ai consulenti già presenti in Copernico Sim, ma anche per avviare un vero e proprio nuovo reclutamento. Molti professionisti che avevamo avvicinato negli ultimi mesi si sono dichiarati interessati a Copernico laddove ci fosse stata questa nuova operatività a disposizione».
Quando sarà totalmente operativo?
«La fine del 2021 deve vedere la messa a terra definitiva di tutti i microdettagli del servizio».
Si è sempre detto che la consulenza non era per piccoli clienti. Voi la offrite anche a portafogli da 0 a 100 mila euro…
«Sì è così. I consulenti che abbiamo interpellato ci hanno chiesto che il servizio fosse per tutti e tre i segmenti. Di conseguenza, nel costruire i portafogli abbiamo dovuto inevitabilmente semplificare e standardizzare il processo, utilizzando asset class generalistiche e prodotti flessibili. Nel momento in cui, infatti, per quel target di clientela si scelgono prodotti flessibili o bilanciati, significa che sto scaricando sul gestore del singolo prodotto la manutenzione tattica di questi portafogli. Di conseguenza, risulta possibile, per la clientela retail, non porre in essere quell’attività di manutenzione periodica, con modifiche tattiche del portafoglio e continui aggiustamenti, visto che le dimensioni dell’investimento non giustificano quel tipo di lavoro. Quindi proprio la scelta del diverso numero e della diversa tipologia di asset class utilizzate fa sì che anche questi portafogli di minori dimensioni possano ricevere un servizio di consulenza a supporto, ma estremamente più semplificato e più standardizzato rispetto a quello che riceveranno i portafogli dei clienti affluent e soprattutto dei clienti private. È vero che nel mercato anglosassone c’è un vero e proprio gap di servizio di consulenza per la clientela retail, perché non riesce a raggiungere il livello minimo di fascia critica per giustificare una parcella. Quindi la risposta può essere: o quella clientela continuerà a essere servita in collocamento remunerato con rebates oppure con una consulenza a parcella, ma con un servizio inevitabilmente più standardizzato».
E ovviamente proporzionalmente più cara, rispetto alle fasce più ricche…
«In termini di parcella no, perché è la stessa e l’abbiamo strutturata in termini di incidenza percentuale sul portafoglio: quindi a un portafoglio di dimensione più contenuta corrisponde, per definizione, una parcella in valore assoluto più bassa. È semplicemente in funzione del diverso livello di rischio che caratterizza il portafoglio, perché a un grado di rischio maggiore corrisponde un lavoro più articolato e ricco da porre in essere, ma anche una redditività attesa maggiore, che fa sì che si possa sopportare una parcella più alta. Quindi non è più caro il servizio, ma è semplicemente più semplificato e meno tailor made».
Rispetto alla concorrenza, che cosa avete in più?
«È paradossale, ma una sim come Copernico, che decide di offrire il servizio di consulenza indipendente a parcella, riesce ad avere due armi aggiuntive nei confronti dei Cfa e delle Scf: il fatto di potere abbinare il servizio di raccolta e trasmissione ordini ci consente di presidiare l’ultimo miglio, che è il vero vulnus dei Cfa e delle Scf, che non possono avere rapporti con gli intermediari finanziari e quindi si devono limitare a dare al cliente la ricetta, il consiglio, il suggerimento, la lista degli strumenti da comprare. Ma poi l’investitore rimane in balia di se stesso e dei suoi intermediari per andare a eseguire questi ordini. Ma la cosa ancora più interessante è che, grazie alla possibilità di abbinare al nostro servizio di consulenza anche il servizio di raccolta e trasmissione ordini, noi non solo consentiamo ai nostri consulenti di assistere il cliente anche nell’ultimo miglio, ma riusciamo a intercettare ciò che l’investitore decide di fare ricevendo gli eseguiti (il che ci semplifica l’attività di monitoraggio e di rendicontazione del portafoglio del cliente) e, da un punto di vista degli oneri aggiuntivi, ci consente di avere un servizio di consulenza non soggetto all’Iva. Rispetto invece agli altri intermediari finanziari (banche e sim) che hanno deciso di strutturarsi al loro interno con un servizio di consulenza evoluta, siamo ovviamente in una situazione di assoluta parità; mi risulta, però, che siano ancora davvero poche le realtà di reti, di banche e di strutture di private banking che hanno davvero deciso di sposare la consulenza a parcella. Spesso propongono una fee on top, ossia una fee aggiuntiva che si va a sommare ai rebates che continuano ad incassare dalle società prodotto; la fee aggiuntiva va a remunerare il servizio di portafoglio, di manutenzione tattica, di selezione degli strumenti. Su questo servizio di consulenza a parcella Copernico Sim ha deciso non solo di prezzare tutto il servizio con la sola fee di consulenza, ma anche di evitare il laborioso meccanismo di incasso e di retrocessione dei rebates al cliente, preferendo puntare direttamente su prodotti che non generano retrocessioni. Come detto in precedenza, Etf, titoli e, se ci saranno fondi, solo quelli di classe istituzionale. La gestione dell’incasso dei rebates e della relativa integrale retrocessione ai clienti non solo è amministrativamente devastante, ma è anche fiscalmente inefficiente, dal momento che genera per il cliente un reddito imponibile».
Quindi questa vostra impostazione dà il via libera agli Etf nei portafogli, cosa che non succedeva perché hanno commissioni minime.
«Gli Etf sono strumenti che funzionano meravigliosamente, sono liquidissimi, hanno volumi in crescita, costi di accesso e uscita ridicoli; quindi qual è il motivo per non utilizzarli?»