Intervista a Gianluca Scelzo, pubblicata su Fondi&Sicav

Gianluca Scelzo, come la maggioranza degli operatori finanziari, è convinto della bontà e dell’importanza delle politiche Esg e del valore che queste hanno nella società globale. Un po’ meno convinto appare della possibilità di coinvolgere ampie fasce di clientela su questo tema. Non soltanto incidono tra gli investitori le scarse performance che il settore ha messo a segno in tutto il mondo, ma anche la confusione sul piano normativo e alcuni elementi di concorrenza tra i diversi sistemi. In conclusione, dare per scontato un tema di questo genere può essere molto pericoloso, sia per l’economia reale, sia per chi investe.

Quanto è importante il tema Esg per la vostra società? Ritenete che sia ancora un comparto sul quale valga la pena di puntare?

«Il tema Esg sta avendo un impatto notevole, sia sui mercati finanziari, sia sull’economia reale. Mentre alcuni clienti sono già sensibili a questi argomenti, la maggioranza necessita ancora di sensibilizzazione. Una parte di questo cambiamento verrà agevolato dalle normative, che stanno evolvendo per disciplinare l’Esg e promuoverne l’integrazione nel sistema economico».

Secondo diverse rilevazioni, si è manifestata una caduta di interesse per la sostenibilità e l’ottimismo iniziale si è trasformato in uno scetticismo di fondo: in molti casi si stanno evidenziando più i problemi che la sostenibilità crea che i vantaggi…

«È importante che la transizione verso l’Esg non si trasformi in un freno per la crescita delle aziende. Una transizione troppo rapida, infatti, rischia di aumentare i costi iniziali e creare ostacoli allo sviluppo. Ad esempio, il settore automotive, già in difficoltà, potrebbe subire un ulteriore impatto negativo se il passaggio a modelli sostenibili avvenisse troppo in fretta, senza che il mercato fosse pronto a recepirlo».

Le normative troppo avanzate possono essere un problema?

«È certamente da considerare che l’adozione delle normative Esg è disomogenea a livello globale: mentre alcuni paesi sviluppati adottano standard elevati, molti emergenti non seguono ancora con lo stesso rigore questi principi. La transizione energetica è uno degli aspetti più urgenti e complessi del tema Esg, ma anche governance e sicurezza rivestono un ruolo cruciale e presentano prospettive di intervento più immediato».

Il fatto che negli ultimi due anni le performance dei prodotti sostenibili sono state inferiori, rispetto ad altri settori come l’oil&gas, per non parlare delle armi, ha influito negativamente sulle decisioni degli investitori?

«Investire in ambito Esg, soprattutto nel breve termine, può risultare meno remunerativo rispetto agli strumenti “non etici”, e ciò comporta che la transizione richieda un impegno nel lungo periodo, come investimento per le generazioni future. È comprensibile che non tutti siano pronti o disposti ad abbracciare questa visione, il che genera una certa resistenza al cambiamento».

L’Esg, tra i clienti, è vista favorevolmente solo dalle generazioni più giovani o c’è un interesse anche tra gli investitori più anziani?

«Nell’ambito del risparmio gestito, l’Esg sta guadagnando importanza, anche se forse con meno intensità di quanto sperato, dato che l’economia reale è ancora piuttosto indietro. Tra i clienti, non emerge un chiaro fattore anagrafico come driver: in tutte le fasce d’età vi sono, sia persone interessate agli investimenti Esg, sia altre che vi si oppongono».

Nonostante tutte le difficoltà, credete ancora nella sostenibilità e nel fatto che sia giusto proporla agli investitori?

«L’auspicio è che l’adozione di criteri Esg non diventi un peso per alcuni paesi e un vantaggio per altri, soprattutto nelle economie occidentali. Un cambiamento troppo forzato ed accelerato potrebbe infatti rallentare il loro sviluppo, rischiando di penalizzare in modo non uniforme il sistema economico globale».