Il trend rialzista del Nikkei 225 è compromesso o un fisiologico ritraccio?

Fino alla fine del 2022, investire nel mercato giapponese era considerato un’attività priva di valore; tuttavia, nel 2023 e nel 2024 si è verificata una svolta significativa: l’indice nipponico Nikkei 225 ha superato il suo precedente record storico, raggiungendo e superando i 40.000 punti, un livello toccato solo il 29 dicembre 1989, prima dello scoppio della grande bolla avvenuta nel 1990.

La bolla speculativa giapponese del 1990 seguì un decennio particolarmente prospero per il Paese. Negli anni Ottanta, l’economia giapponese sperimentò un periodo di grande ottimismo ed entusiasmo, principalmente a causa delle nuove regole di liberalizzazione finanziaria che attirarono ingenti investimenti finanziari e immobiliari; il valore dei titoli e degli immobili aumentò a tal punto da non riflettere più i valori reali, creando così la “bolla”.

Dal punto di vista della gravità, lo scoppio della bolla speculativa giapponese del 1990 ebbe per il Giappone lo stesso impatto che la crisi del 1929 ebbe per gli Stati Uniti, forse sotto alcuni aspetti ancora più grave, perché non solo la crisi economica che generò fu molto forte, ma fu tenace: diede inizio a quello che gli storici chiamano il “decennio perduto” per l’economia giapponese, un periodo in cui l’economia smise di crescere e diventò asfittica.

Dal 2022, la borsa nipponica sembra essersi risvegliata dal torpore della crisi post “bolla”. L’indice Nikkei ha offerto buone performance, negli ultimi due anni e quali sono stati i fattori che hanno giustificato un simile rally?

L’introduzione, da parte del governo giapponese, di una serie di riforme strutturali mirate a migliorare l’efficienza economica e la competitività delle imprese che includono incentivi per l’innovazione, miglioramenti nella governance aziendale e iniziative per aumentare la partecipazione della forza lavoro femminile, hanno rafforzato la fiducia degli investitori nell’economia giapponese. Tale fiducia è stata premiata con un afflusso di capitali esteri, attratti dalla stabilità giapponese in contrasto con l’economia cinese, che sta lottando per stimolare il mercato interno e risolvere il persistente problema del settore immobiliare. Gli investitori globali, infatti, sono attratti dalla stabilità politica ed economica, nonché dalle valutazioni relativamente basse delle azioni dell’indice Nikkei rispetto ad altri mercati sviluppati. Settori come l’elettronica, la robotica e l’automazione stanno prosperando, trainati dalla domanda globale di tecnologie avanzate.

Un’ulteriore ragione che può giustificare la crescita del mercato giapponese è la politica monetaria estremamente accomodante intrapresa dalla Banca del Giappone (BoJ). A differenza delle principali banche centrali occidentali, che hanno aumentato i tassi di interesse per contrastare un’inflazione persistente, la BoJ ha mantenuto i tassi di interesse vicini allo zero e ha intensificato i programmi di acquisto di asset obbligazionari per incrementare l’offerta di moneta e sostenere l’economia. Queste politiche espansive hanno incrementato l’export, grazie a una valuta locale, lo yen, fortemente sottovalutata – lo yen ha perso fino a 500 punti base nei confronti del dollaro – e hanno incentivato le strategie di investimento note come carry trade. La strategia consiste nel prendere in prestito denaro in una valuta con un tasso di interesse basso e investire questi fondi in una valuta o in attività finanziarie con tassi di interesse più alti. Queste operazioni finanziarie hanno probabilmente amplificato l’euforia già presente nel comparto tecnologico, alimentata dall’intelligenza artificiale. Il meccanismo sembrerebbe essersi inceppato a causa della rivalutazione dello yen che ha costretto molti operatori a chiudere le operazioni di carry trade – divenute antieconomiche-, optando per la vendita dei titoli in guadagno; il che potrebbe spiegare il pesante ritracciamento dei mercati ad agosto, soprattutto nel settore tecnologico.

Per il momento il sentiment sul mercato giapponese continua ad essere positivo soprattutto in seguito ai pesanti ritracci avvenuti nei primi giorni di agosto che hanno completamente annullato le performance del Nikkei del 2024. L’economia nipponica attuale, rispetto al passato, è più sana, con un tessuto produttivo tecnologicamente avanzato che produce utili, si stima una crescita degli utili del 3,7% per il 2023, dell’11,5% per il 2024 e del 7,2% per il 2025. Il Nikkei attualmente scambia ad un media di 13 volte gli utili (dati aggiornati al 02 agosto 2024), contro le 24,39 volte l’indice S&P 500 statunitense e le 34 dell’indice Nasdaq (quando si dice che l’indice PE scambia a 34 volte, significa che il prezzo di mercato dell’azione è 30 volte superiore rispetto agli utili per azione).

Il settore obbligazionario nipponico, dove i rendimenti sui titoli di stato sono molto bassi a causa della politica monetaria ultra-espansiva (attualmente allo 0,25% ultimo rialzo avvenuto il 31 luglio 2024 che è seguito al primo rialzo avvenuto a marzo 2024 dopo 17 anni), è poco appetibile dagli investitori che prediligono mercati più remunerativi a parità di rischio di credito. Gli stessi investitori giapponesi, pur essendo i maggiori detentori di debito nazionale (54% del debito è in possesso alla Banca centrale, il 19% alle assicurazioni e l’11% alle banche), non disdegnano diversificare i loro portafogli sottoscrivendo anche debito statunitense e tedesco, molto più remunerativo.

Se si desidera investire in Giappone esistono molteplici fondi comuni, tuttavia, sarebbe preferibile considerare strumenti orientati verso uno stile azionario large cap, focalizzate nei settori tecnologici, sui beni industriali, sulla robotica ed automazione. L’esposizione sulla categoria sarà variabile in quanto dovrà assecondare sia le esigenze del cliente e sia i parametri derivanti dalla compilazione della profilatura MIFID.